Freud 1

Considerazioni sulla nevrosi ossessiva e tratto perverso

Sappiamo che il sintomo, nella nevrosi ossessiva si pone al livello del pensiero e non del corpo come nell’isteria. Per poter parlare della nevrosi ossessiva farò riferimento ai due casi classici della letteratura psicoanalitica freudiana L’Uomo dei lupi e L’uomo dei topi. Un resoconto è necessario per estrarre solo quei punti che possono interessare questo lavoro.

L’Uomo dei topi[1] è un paziente di Freud di circa trent’anni che aveva sofferto fin dalla prima infanzia d’impulsi ossessivi, che si erano in seguito aggravati, “[…] con grande menomazione delle sue capacità lavorative”,[2] e della sua vita privata. Il paziente consultò Freud perché soffriva di ossessioni, relative a suo padre e una donna di cui era ammiratore, ed inoltre perché provava forti impulsi, come quello di tagliarsi la gola con un rasoio. Inoltre, si costruiva divieti che riguardavano situazioni marginali. Il caso clinico dell’Uomo dei topi è un caso paradigmatico per la comprensione della nevrosi ossessiva, dove, fa osservare Lacan, vi si può trovare tutto ciò che riguarda questo tipo di nevrosi. Ne delineerò solo alcuni tratti:

Sessualità infantile:

Inizia molto precocemente, verso i quattro/cinque anni con una giovane governante che gli permette, su sua richiesta, di toccarle i genitali. Il paziente ricorda il cognome della donna, che è un nome maschile. Fu da quell’evento che rimase in lui un forte desiderio di vedere i corpi femminili nudi, ma, ogni qualvolta si presentava: “[…] provavo però un sentimento perturbante, come se dovesse succedere qualcosa se ci pensavo e dovessi fare di tutto per impedirlo. […] Eccone uno: che mio padre morisse”.[3] La presenza di una certa attività sessuale precoce è per Freud la riprova di quanto da lui affermato più volte riguardo la nevrosi ossessiva.

Il grande timore ossessivo:

Un supplizio orientale, descrittogli dal suo capitano in cui dei topi vengono indotti a farsi strada nell’ano della vittima sembra avere un valore traumatico. Durante questo racconto del paziente a Freud, egli nota: “[…] un’espressione […], che posso spiegare soltanto come orrore di un proprio piacere a lui stesso ignoto”.[4] Il racconto continua e il paziente aggiunge: “In quel momento mi balenò l’idea che ciò accadeva ad una persona a me cara”.[5]

La sua ossessione era quindi che questa punizione dei ratti avrebbe potuto avere come vittima sia la donna da lui ammirata, sia suo padre, che egli amava e che era morto da anni. Questa ambivalenza tra amore e odio, nei confronti del padre, a sua volta, aveva verosimilmente generato il desiderio inconscio che il padre potesse subire il supplizio della penetrazione anale da parte di ratti. Poiché “[…] la sua collera e la sua sete di vendetta risalgono ad un tempo passato”[6] che il paziente aveva represso, perché inaccettabile e, a causa del suo senso morale, lo aveva trasformato in un timore ossessivo cosciente, attraverso una formazione reattiva, come difesa nevrotica contro il desiderio di vendetta.

Non a caso Freud interpreta l’orrore cosciente del paziente come una dissimulazione di un godimento inconscio. Pertanto, a questi pensieri dovevano seguire delle regole difensive in maniera piuttosto coattiva.

Comprensione della cura:

            Ernst racconta a Freud della malattia del padre e della sua morte avvenuta nove anni prima: una sera, rassicurato dal medico di una sua ripresa, entro un paio di giorni, egli andò a riposare per un’oretta e quando si svegliò suo padre era morto. Ernst non riuscì a rendersi conto della morte del padre per più di un anno, fino ad arrivare, precisa Freud, a considerarsi un delinquente, perché, nel momento del trapasso, egli non era stato presente.

            A sette anni egli ebbe la convinzione che i suoi genitori potessero leggere i suoi pensieri a seguito di quegli incidenti sessuali con le governanti. Convinzione che si protrasse fin da allora a lungo. A dodici anni innamorato di una bambina, non ricambiato, pensò che “[…] ella sarebbe stata più amabile se a lui fosse accaduta una disgrazia e inevitabilmente pensò, come disgrazia, alla morte del padre”.[7] Questa “idea” sulla morte del padre, si presenta anche circa sei mesi prima della sua effettiva morte, quando egli, innamorato di una signora che, per vari ostacoli non poteva sposare, pensò: “[…] con la morte del padre, forse sarebbe stato abbastanza ricco per poterla sposare”.[8]

E’ su questo punto che Freud interviene, dicendo: “[…] proprio questo amore così intenso è la condizione della rimozione dell’odio”.[9] Così come nei confronti della donna amata, – che il paziente descrive in modo così entusiastico (figura della donna idealizzata), nota Freud, – egli nutre sentimenti di vendetta, perché non ricambiato. Infatti, nei suoi pensieri si era fatta strada l’idea che: “[…] sarebbe diventato ricchissimo, avrebbe sposato un’altra donna e insieme a questa sarebbe andato a farle visita, per mortificarla”.[10]

Rappresentazioni ossessive, loro traduzione, formazione del sintomo ossessivo:

Il paziente aveva degli impulsi suicidi. Per un certo periodo la donna amata era andata presso la nonna malata e lui aveva perso concentrazione, rimanendo indietro nello studio. E’ in quest’occasione che arriva un’idea: “All’ordine di dar l’esame […], si potrebbe anche ubbidire. Ma che faresti dinanzi all’ordine di tagliarti la gola col rasoio? […] corse verso l’armadio per prendere il rasoio, quando gli venne in mente: ‘No, sarebbe troppo facile! Devi (prima) andare ad ammazzare quella vecchia’. Dall’orrore era caduto a terra”.[11] Freud spiega che il paziente era talmente desideroso di vedere la donna amata della quale pativa la mancanza che il desiderio principale sarebbe stato quello di togliere di mezzo sua nonna, ma per autopunirsi per simili desideri: “L’intero processo, accompagnato da violentissimo affetto, passa quindi in ordine rovesciato nella coscienza dell’ossessivo: prima l’ordine punitivo, poi l’accenno alla passione che reclama il castigo”.[12] Il castigo è: “Ammazza te stesso”.[13] Freud mostra poi tutta una serie di ossessioni legate ad avvenimenti riguardanti la donna amata, spiegando infine che si tratta di “[…] azioni coatte in due tempi, in cui il primo tempo è annullato dal secondo”,[14] condotte tipiche per la nevrosi ossessiva. Freud lo definisce un conflitto tra due impulsi: amore e odio. Conflitto che ritiene di particolare interesse teorico perché: “[…] permettono di identificare un nuovo modo tipico di formazione del sintomo. Invece di trovare, come avviene sempre nell’isteria, un compromesso per cui una sola raffigurazione è sufficiente per i due opposti […] nella nevrosi ossessiva i due opposti vengono soddisfatti singolarmente, prima l’uno e poi l’altro […]”.[15] Questo è un punto decisivo nella struttura di questa nevrosi: il soddisfacimento dei due opposti. Ovvero i due opposti rappresentano, indica Freud, due impulsi che entrano in conflitto tra loro e che l’ossessivo può soddisfare solo singolarmente.

Causa della malattia, complesso paterno, l’idea dei topi:

Mentre per l’isteria i motivi dell’ammalarsi e le esperienze infantili che vi hanno concorso soggiacciono all’amnesia, nella nevrosi ossessiva l’amnesia non è completa, il ricordo viene spogliato delle sue componenti affettive più significative e ciò che rimane cosciente è solo: “[…] un contenuto rappresentativo indifferente, che [il soggetto] reputa privo di valore. […] non di rado […] gli ossessivi i quali soffrono di autorimproveri hanno collegato i loro affetti a cause immediate false, […]”.[16]

Il desiderio dell’Altro:

La causa immediata della malattia Freud la riconduce ad un conflitto nato nel paziente nel momento in cui venne a sapere che il padre prima di sposare sua madre, donna proveniente da una famiglia di ricchi imprenditori, era innamorato di una ragazza di modesta famiglia. Morto il padre, la madre lo aveva messo a conoscenza del suo progetto di fargli sposare la figlia di un suo ricco cugino. E’ a questo punto che si presenta il dilemma: sposare una giovane bella e ricca, come fece suo padre o rimanere fedele al suo amore per la ragazza di modeste origini, scelta non approvata dal padre? Freud fa rilevare che, per non risolvere il “conflitto nella realtà”,[17] il paziente fugge nella malattia: “Si trattava, in realtà, di un conflitto tra il suo amore e la volontà paterna, di cui tuttora subiva l’influsso, […]”.[18] In seguito, Freud spiega che il sogno del paziente, in cui sua figlia al posto degli occhi aveva due pillacchere di sterco, è da leggere molto chiaramente sul quel versante: “[…] egli sposa mia figlia non per i suoi begli occhi, ma per il suo denaro”.[19] Riguardo al complesso paterno, Freud rende evidente:

  1. L’ambivalenza di amore-odio nei confronti del genitore; il fatto che costui era solito porsi soprattutto in posizione amicale piuttosto che di autorità.
  2. La minaccia della morte a seguito della masturbazione infantile e, ne conclude, che le ossessioni infantili di Ernst hanno qui le loro radici.

Due avvenimenti sono da collocare: il racconto del capitano crudele e l’invito a rimborsare un tenente per aver compiuto una commissione per lui. La valenza di questi fatti per il paziente, fa notare Freud, porta a pensare che essi abbiano toccato delle questioni soggettive importanti, attivando tutta una catena associativa inconscia:

  1. Identificazione al padre sottoufficiale.
  2. Debito di denaro perduto dal padre al gioco (da cui il significante, Spielratte: topo di gioco o giocatore d’azzardo).
  3. Rimborso di denaro dovuto dal padre ad un collega ma mai restituito.
  4. Il significante topi acquisisce il significato di denaro: Ratten: topi – Raten: rate.

L’idea dei topi si ricollega sia all’episodio accaduto all’età di tre anni, quando ebbe un attacco di collera contro il padre, perché aveva morso qualcuno, probabilmente la sua bambinaia, (picchiato da suo padre, nacque in lui una forte ostilità nei suoi confronti), sia al supplizio dei topi che risvegliava in lui il ricordo di vermi intestinali, affezione avuta in età infantile, riaccendendo così impulsi erotici, sadici, repressi precocemente, rispetto all’erotismo anale infantile: “Il pene, soprattutto quello del bambino, può essere facilmente essere paragonato al verme; e secondo il racconto del capitano i topi brulicavano nell’ano proprio come i grossi vermi nell’intestino del paziente, da bambino”.[20] La catena associativa: topo, verme, pene, viene interpretata da Freud come una manifestazione libidica della teoria sessuale infantile del coito anale.[21]

Freud, in linea con le sue considerazioni teoriche sulla nevrosi ossessiva, legge le rappresentazioni ossessive, come: “[…] autoaccuse mascherate, che ritornano dalla rimozione e si riferiscono sempre a un atto sessuale dell’infanzia, compiuto traendone piacere”;[22] riguardo alla coazione o al comando egli scrive, che si tratta di “[…] un tentativo di compensare il dubbio e di correggere le intollerabili condizioni di inibizione di cui esso reca testimonianza”.[23] Se il comando non venisse eseguito l’angoscia che si presenterebbe sarebbe insopportabile, per questo l’azione, nel comando o nella coazione, deve essere spostata su di un fatto banale, marginale, come misura protettiva.

L’Uomo dei lupi[24] è l’altro illustre paziente di Freud. Sergej si rivolge a Freud quando inizia ad avere dei problemi dopo aver contratto, a 18 anni, una gonorrea. Aveva una sorella di nome Anna, di due anni più grande. La madre soffriva di disturbi addominali per cui non poteva occuparsi molto dei figli. Il padre aveva crisi depressive che lo allontanavano da casa frequentemente. La sorella morì suicida in seguito al manifestarsi di tratti persecutori, aveva da poco superato i vent’anni. Prime diagnosi, sciolte da psichiatri, erano orientate verso uno stato maniaco depressivo. Ma Freud avanza l’ipotesi che, per questo paziente: “[…] – come tanti altri ai quali la psichiatria clinica dispensa le diagnosi più varie e mutevoli – va concepito come l’esito di una nevrosi ossessiva risoltasi spontaneamente, ma imperfettamente”.[25]

La nevrosi infantile:

Verso i quattro anni, il paziente manifesta una zoofobia, “[…] sotto forma di isteria d’angoscia”,[26] sintomi che in seguito si trasformeranno “[…] in una nevrosi ossessiva a contenuto religioso, protrattasi con i suoi postumi fino al decimo anno d’età”.[27] Una frase detta dalla madre al medico: “[…] “non posso più vivere così””,[28] rimane indelebile nella mente del paziente, tanto da costituire un tratto identificatorio del paziente alla madre. Da piccolo la balia, lo aveva messo nel posto del suo bambino morto. Il paziente era un bimbo dolce e tranquillo, nella sua famiglia si ripeteva più volte che sarebbe dovuto nascere femmina e di sua sorella che sarebbe dovuta nascere maschio. Dopo un’estate passata con una governante inglese il bambino divenne violento, irritabile e scontento. La sorella lo tormentava mostrandogli un’illustrazione dove un lupo appariva in posizione eretta e lui, assalito dal terrore che lo divorasse, urlava. Tutto questo accadeva intorno ai suoi cinque anni. In seguito a quegli anni si manifestano i sintomi ossessivi: prima di addormentarsi doveva pregare a lungo e ripetere un’infinità di volte il segno della croce e baciare tutte le immagini sacre che erano in casa. Durante questo cerimoniale “[…] come per ispirazione del demonio gli venivano in mente dei pensieri blasfemi. Era costretto a pensare “Dio porco”, “Dio merda” e così via”.[29] Freud definisce queste pratiche dei cerimoniali e ne fa notare anche degli altri, per esempio, quando “[…] fu tormentato dalla coazione a pensare alla Santissima Trinità ogni qualvolta vedeva sulla strada tre mucchietti di sterco”.[30] Diversi episodi di seduzione da parte della sorella:

  1. Nel periodo dei suoi cinque o sei anni la sorella lo induce a pratiche sessuali: invitandolo a mostrarsi reciprocamente il sedere.
  2. La sorella gli afferra il membro mentre gli spiega che la bambinaia fa così con tutti: li mette a testa in giù e gli afferra i genitali.

La seduzione, precisa Freud, “[…] gli aveva indicato la meta sessuale passiva del farsi toccare i genitali”.[31]

Minaccia di evirazione:

Freud parla di “[…] immaginazione ottativa di una situazione opposta”.[32] Per cancellare la minaccia alla propria virilità aveva fatto la fantasia che fosse stato lui ad essere stato aggressivo con la sorella ed altrettanto di averla voluta vedere nuda e che per questo fu punito. Come conseguenza di ciò, egli produsse il cambiamento di cui tanto si parlava in famiglia: da docile a violento. Freud però spiega: “[…] In realtà la governante poteva avere solo un lontano rapporto con la seduzione e le sue conseguenze. […] Le scene con la sorella erano avvenute in primavera di quello stesso anno in cui, in piena estate, la signorina inglese era stata assunta […] l’inglese, ingiuriando la bambinaia, […] si era messa nei panni della sorella che per prima gli aveva raccontato quelle cose così mostruose sulla sua nanja”.[33] Nella fantasia di Sergej fu sostituita la governante con la sorella e l’avversione serbata verso la sorella fu esternata alla governante inglese.

Scelta eterosessuale:

Rispetto alla scelta sessuale, Freud aggiunge che ci fu una prima volta in cui la sorella lo rifiutò, allora egli si mise a giocare col proprio membro in presenza della nanja, a questo seguì il rimprovero e la minaccia della bambinaia: “[…] viene una “ferita in quel posto””.[34] Sergej ebbe poi l’occasione di osservare la sorella e una sua piccola amica mentre urinavano e: “Respingendo l’idea che quello spettacolo costituisse una conferma della “ferita” minacciata dalla nanja concluse di trovarsi di fronte al “popò davanti” delle bambine”.[35] E’ da questa scoperta che Sergej arriverà, attraverso numerosi e dettagliati passaggi, che Freud mostra nel testo, alla “[…] concezione anale della relazione sessuale”.[36] Freud ravvisa nel periodo infantile un prima e un dopo, che chiama: “[…] una prima fase di “cattiveria” […] e una seconda più lunga fase nella quale prevalgono i sintomi della nevrosi”.[37] Ciò che è interessante evidenziare è che l’elemento che separa i due momenti, fa notare Freud, “[…] non fu un trauma esogeno, ma un sogno da cui il bambino si risvegliò in stato d’angoscia”.[38]

Il sogno dei lupi e la scena primaria:

Quando Sergej fa questo sogno aveva circa 4/5 anni e riportandolo a Freud lo mette in relazione con la paura che, a quell’epoca, egli aveva dei lupi, complice sua sorella. Inoltre, ricorda Freud, che il padre soleva sgridarlo con “[…] la minaccia scherzosa: “Adesso ti mangio!””:[39] Ecco il sogno: “Improvvisamente la finestra si aprì da sola, e io, con grande spavento vidi che sul grosso noce […] stavano seduti alcuni lupi bianchi […] sei o sette. […] In preda al terrore – evidentemente di esser divorato dai lupi – mi misi a urlare e mi svegliai”.[40] Freud mostra che il contenuto manifesto del sogno possedeva, per Sergej, un costante senso di realtà e che esso si riferiva ad un evento realmente accaduto ma ignoto al sognatore, da ricercarsi nel contenuto latente del sogno.

Contenuto latente:

  1. Tema dell’evirazione.[41]
  2. L’essere divorato → taglio della pancia del lupo, elemento rintracciabile nelle fiabe raccontate da nonno al paziente → morte del lupo → il lupo → primo sostituto paterno indica → la paura del padre.

Questo sogno fu ripreso più volte nel corso dell’analisi: Freud comunica al paziente che dietro questo sogno si trovavano le cause della sua nevrosi. Sappiamo che l’osservazione della scena primaria avviene quando ha un anno e mezzo. Si tratta del coito a tergo fra i genitori. L’angoscia che segue il sogno, indica, per Freud, la comprensione da parte del bambino che: l’evirazione è la condizione del soddisfacimento sessuale del padre e ciò sollecitava il desiderio che aveva ispirato il sogno. Ma, egli aggiunge, “[…] la libido genitale narcisistica; […] poiché provvede alla salvaguardia del membro virile si ribellava”[42] a questa condizione, per cui il soddisfacimento richiedeva necessariamente la privazione del membro e, per via del “[…] suo narcisismo minacciato il bambino trasse dunque la sua virilità con cui si difese dall’atteggiamento passivo verso il padre”.[43]All’epoca della seduzione, (vedi racconti della sorella), la meta sessuale ricorda Freud, era: “[…] passiva e consisteva nel farsi toccare i genitali; in virtù della regressione allo stadio precedente sadico-anale, essa si trasformò poi nella meta masochistica di essere battuto e punito. Raggiungere questa metà con un maschio o con una femmina gli era indifferente”.[44]

Così come si legge in J.-A. Miller, nel Commento al caso clinico dell’Uomo dei lupi, Freud, sfiora l’intuizione di una mancanza di significazione fallica, ma si lascia ingannare dalla: “[…] presenza massiccia di immagini del padre, di rapporto con il padre, d’identificazione con il padre ecc., è ciò che per Freud ha accreditato l’idea che la relazione tra il padre e il fallo sia costituita. E’ così che giunge a parlare di nevrosi ossessiva”.[45] Per questo motivo non stupisce che Freud faccia notare che: “Senza curarsi della differenza di sesso era passato dalla nanja al padre; aveva preteso dalla prima che gli toccasse il membro, provocò il secondo per ricevere le percosse”.[46] Nella scena primaria, altrettanto importante è la posizione della madre nel coito, “prona”. E’ utile ricordare a questo proposito la scena con la lavandaia Grusa, mentre, inginocchiata, puliva i pavimenti: contemporaneamente lui urinava. Entrambe le scene sono importanti perché indicano a Freud le due posizioni nella sessualità: “La scena primaria mette il soggetto in una posizione femminile e quella con la ragazza lo mette in una posizione maschile”.[47] Molti di questi aspetti sono ricondotti da Freud, piuttosto frequentemente, a tutte quelle persone con una disposizione alla nevrosi ossessiva. La regressione allo stadio sadico-anale, per esempio.

E’, infatti, proprio nella “[…] costituzione sadico-anale”[48] che Freud fa risalire le cause dello sviluppo della nevrosi ossessiva. Altrettando vale per la dimensione del dubbio, che Freud interpreta come ciò, grazie a cui, il paziente poté “[…] trincerarsi dietro una rispettosa indifferenza e a mantenersi per anni impermeabile ad ogni sforzo terapeutico”.[49] La presenza di pensieri ossessivi a carattere religioso che Freud dice di comprendere attraverso il significato delle feci (secondo l’equivalenza freudiana: regalo-bambino-feci-denaro) e che attraverso il pensiero coatto, “Dio merda”,[50] era indotto a mettere insieme secondo il rapporto: sterco/Dio/ingiuria. Per Freud: “Questi pensieri rappresentavano un compromesso tra una corrente ostile e ingiuriosa, e un’altra corrente, non meno forte, di affetto e dedizione”.[51] Egli ci indica, ancora, che anche la madre assunse il ruolo del lupo evirato: “[…] che invita gli altri a montargli sopra, il padre del lupo che monta. Ma il paziente ci assicurò di aver paura solo del lupo eretto, ossia del padre. Ma […] è colto dal terrore non appena gli viene ricordata la sua mancanza di coda. Sembra dunque che nel corso del sogno il bambino si sia identificato con la madre evirata e abbia lottato contro quest’identificazione. Quasi si fosse detto: “Se vuoi essere soddisfatto dal papà, devi accettare l’evirazione come mamma. Ma a questo io mi oppongo”.[52]

Alcune considerazioni teoriche freudiane.

         Freud osserva una condotta ambivalente rispetto alla castrazione che esprime così: “La spiegazione nuova fu scartata, ma l’antica mantenuta; […] E’ certo contraddittorio che da allora in poi la paura dell’evirazione potesse coesistere accanto all’identificazione con la donna attraverso l’intestino”.[53] Egli dunque fa notare:

  1. Una prima fase di passività frutto dell’identificazione con la madre, erotismo anale ® l’ano come sede del rapporto sessuale e accettazione della teoria del coito anale = rifiuto della castrazione,
  2. Una seconda fase di attività determinata dalla paura della perdita del membro nell’identificazione materna/femminile che provoca in lui angoscia di castrazione con conseguente rimozione, Verdrängung → ciò lo conduce verso l’identificazione al padre.
  3. La permanenza/convivenza dell’idea del coito anale → contraddizione che Freud spiega, in parte, così: “L’intero processo […] appare caratteristico del modo in cui lavora l’inconscio”.[54]

Freud presenta il caso dell’Uomo dei lupi dal punto di vista della sua nevrosi infantile che colloca tra i quattro agli otto/dieci anni circa. La sua lettura, va sul versante della nevrosi ossessiva che ha le sue salienti manifestazioni in quell’epoca. In effetti, i passaggi che Freud mette in luce sono: la zoofobia con il suo ammontare di angoscia, la passività sessuale che si converte in attività, pur restando presente una certa omosessualità latente, che richiama la vecchia posizione passiva derivante “[…] dalla sua infatuazione omosessuale”. “Nel sadismo egli serbò l’antica identificazione con il padre mentre nel masochismo elevò il padre stesso a oggetto sessuale egli si trovava così dunque in pieno in quella fase dell’organizzazione pregenitale in cui io ravviso la disposizione alla nevrosi ossessiva. In virtù del sogno che lo aveva riportato sotto l’influsso della scena primaria, egli avrebbe potuto compiere il passo che lo separava dell’organizzazione genitale e trasformare il suo masochismo verso il padre in un atteggiamento femminile verso di lui, ossia in omosessualità”.[55]

Considerazioni teoriche sui due casi.

Nell’Uomo dei lupi troviamo la forclusione di un significante, per l’Uomo dei topi invece c’è metafora paterna. Questo tipo di difesa è ciò che Freud indica con il termine di Verwerfung[56] e che Lacan chiamerà forclusione. Per l’Uomo dei topi si tratta invece di una Verdrängung,[57] rimozione che fa emergere un significante che andrà a rappresentare il soggetto. Nella Verwerfung questo passaggio non avviene perché non c’è possibilità di sostituire un significante con un altro significante e lì dove questo accade, rimane un’assenza, una dimensione che rimane isolata da ogni significazione che riguarda il soggetto: “La stessa nozione di Verwerfung suppone che ci sia presente un elemento linguistico significante – e non un senso – sottratto al circuito. Altrimenti si avrebbe, come dimensione fondamentale, solo la rimozione del significato. D’altro canto, in Funzione e campo, che cos’è il sintomo? E’ il significante di un significato rimosso. Ma quando sono i significanti ad essere rimossi allora la Verwerfung non è pensabile”.[58] I due casi sono conosciuti per la loro complessità.

In questo articolo accennerò a due soli aspetti: la questione della castrazione, che ci è utile per mostrare la differenza tra nevrosi e psicosi, la tendenza all’omosessualità invece per mostrare la differenza tra nevrosi, perversione e tratto perverso, senza avere la pretesa di esaurire l’argomento in questo contesto. Nel caso dell’Uomo dei topi si nota una corrispondenza univoca tra la nevrosi e il suo sintomo ossessivo, in altre parole per Freud e per Lacan, il soggetto riconosce la castrazione, e capisce che c’è dell’Altro. Per esempio, la scena sessuale – a quattro anni – con la signorina Peter, ricorda quanto dice Freud sulla nevrosi ossessiva, quando spiega che si tratta di un’esperienza dalla quale il bambino ha tratto piacere attivamente, da qui ha origine il senso di colpa del soggetto rispetto alla sessualità vissuta in quel momento. Il nome della governante, con il quale il paziente porta il ricordo dell’accaduto a Freud, è Peter, nome maschile, cognome della signorina Peter. La sagacia di Freud gli permetterà inoltre di rilevare da questo elemento la tendenza all’omosessualità del soggetto. Questa disposizione è sempre presente nella nevrosi ossessiva come reazione primaria al rifiuto della castrazione: “Le parole con cui esordisce il paziente pongono in rilievo l’influenza che hanno su di lui gli uomini e l’importanza che ha avuto per lui la scelta oggettuale omosessuale, lasciando subito dopo intravedere un secondo “motivo che più tardi assumerà gran valore, cioè il conflitto e il contrasto d’interessi tra uomo e donna. In tale contesto va considerato il fatto che il paziente ricordi la prima, bella governante col suo cognome, che per caso è un nome maschile”.[59]

Nella raccolta di lavori, Traits de perversion dans les structures cliniques, si trova, più volte sottolineata, l’importanza della funzione del padre nei due casi clinici, in particolare per l’Uomo dei topi, per quanto riguarda il tratto perverso, e più in generale, la perversione: “[…] E’ quindi per l’amore del padre che l’ideale sostiene il fantasma d’omosessualità nella nevrosi ossessiva”.[60] Nell’Uomo dei topi: “Due punti sono da collegare, che Freud situa nell’infanzia, e che indichiamo come tratto primario di perversione:

  1. La connessione natica-ratto, fatta a partire dal significante coda; l’equivalenza è natica-coda, coda del ratto.
  2. La peluria pubica vista da dietro permette di rimpiazzare peluria per ratto […] Da qui appare una connessione tra questo tratto ‘visione delle natiche’ e ratto”.[61]

“Questo S1, ‘ratto’, ci introduce alla funzione del padre nel caso clinico, e più particolarmente all’equivoco suddetto tra perversione e père-version, come versione del padre”.[62]

Lacan spiegherà poi che l’idea che sottende alla nozione di Verwerfung esprime una negazione della castrazione che opera sul piano simbolico, idea che andrà strutturandosi, appunto, nel concetto lacaniano di forclusione. “Nel Seminario I, il termine Verwerfung, isolato dal testo di Freud, viene definito prima come una rimozione, poi come una negazione. […] Lacan definisce la Verwerfung come una modalità particolare della rimozione del tipo rimozione originaria: un primo nucleo del rimosso che può non può dirsi e che, per questo equivale a ‘un come se ciò non esistesse’”. [63]

Come già accennato il caso dell’Uomo dei lupi ha posto non poche difficoltà a Freud a causa dell’esordio tardivo dello ‘scatenamento’, dell’assenza di fenomeni elementari tipici delle psicosi e dell’assenza di disturbi del linguaggio.

Freud legge le ossessioni di Sergej come risultato del compromesso fra due correnti libidiche contrarie e come tentativo, tipico della nevrosi ossessiva di farle coesistere entrambe, per esempio: amore – odio. Al contempo egli fa notare che vi è assenza di senso di colpa come invece si riscontra nel soggetto ossessivo, a causa della sessualità vissuta nel registro della colpa. 
Freud parla di una negazione, almeno come prima ipotesi, della castrazione che dovrebbe collocare il soggetto in una posizione femminile tuttavia, egli indica che nella scelta amorosa vi è un atteggiamento maschile frutto dell’identificazione con il padre, la quale, come si legge nel curatissimo lavoro di Agnès Aflalo, pubblicato nella rivista La psicoanalisi: “Sul versante simbolico del sintomo la scelta compulsiva dell’oggetto d’amore testimonia di una posizione maschile del soggetto: è l’identificazione con il padre evocata da Freud. E’ sul versante immaginario del fantasma che si esprime la negazione della castrazione: l’omosessualità è immaginaria, rappresenta un Io femminile: è l’identificazione con la madre notata da Freud”.[64]

Infatti, Freud considera che per l’Uomo dei lupi si tratti di un’omosessualità inconscia. Ricordiamo che la scena con Grusa e la scena primaria possono essere messe in paio, mentre il tratto perverso è costruito:

“[…] tra la scena di Grusa e il sogno di Wespe […] ciò che rende impossibile che egli goda al posto della madre, o come la madre, benché egli si vede spinto in quel posto”.[65]

“[…] il tratto perverso è ciò che il soggetto inventa nel luogo vuoto del significante delLa donna che non esiste, questo tratto ha ugualmente per funzione di creare un quid dell’oggetto che, strutturalmente, il soggetto non possiede poiché la sua condizione è quella del quod”.[66]

“[…] Il ricordo della scena con Grusa permette di segnare qui la produzione di un tratto come tratto in comune con la posizione della madre, il quale attraverso la ripetizione produce un segno d’identità significante. Il tratto indica la madre come castrata e situa, nel luogo della mancanza, un segno del modo secondo cui la madre è oggetto del godimento per il padre; attribuisce un nome a questo godimento”.[67]

E’ importante, porre l’accento, che la differenza tra nevrosi e perversione è sul piano della struttura psichica del soggetto e non sul piano fenomenologico. “Si deve fare intervenire il complesso di castrazione tanto al livello di una perversione che chiamerei primaria, sul piano immaginario, quanto al livello di un perversione di cui forse oggi parleremo un po’ di più, e che è intimamente legata al compimento del complesso di Edipo, vale a dire l’omosessualità”.[68]

Questa differenza, fondamentalmente, risiede nel fatto che il perverso sa come realizzare un godimento senza il limite che pone la castrazione e ci riesce, mentre il nevrotico si dà un gran da fare per capire come raggiungerlo, ma, al massimo, può realizzarlo sul piano fantasmatico, mai pienamente nella realtà. Infatti, raggiungere un godimento, al di là della legge della castrazione, è l’obiettivo che si dà ogni soggetto maschile con la sua volontà di godimento. Questo per via del fatto che il godimento sessuale dell’uomo è localizzato e circoscritto all’organo, e il soggetto maschile accetta piuttosto male le limitazioni imposte dalla legge al suo godimento.

Nel bambino accade questo: quando egli si accorge dell’assenza del pene nella madre, si rivolge al padre per farsi sostenere di fronte a questa scoperta sconvolgente e angosciante, nel tentativo di superare l’angoscia di castrazione che egli esperisce nel difficile passaggio che deve compiere per arrivare a simbolizzare la funzione del pene, ossia dal pene al fallo simbolico. Dato che la madre è amata dal padre e allo stesso tempo è castrata, farsi amare dal padre equivale per il bambino ad essere castrato: in questo passaggio risiede in ultima analisi la scelta omosessuale nel bambino.

Nella perversione rimane questa credenza nell’esistenza di un pene, immaginato/immaginario, nella madre, che è in una qualche relazione col suo desiderio, del di lei desiderio. In questo caso il bambino continua a credere in un fallo immaginario posseduto dalla madre, questa credenza lo solleva dall’angoscia di castrazione, ed è proprio a questo proposito che si parla di madre fallica. In un’articolo di A. Di Ciaccia questo passaggio viene spiegato piuttosto chiaramente: “Un ulteriore punto messo in luce da Freud è da prendere in considerazione: la credenza che hanno i bambini nel considerare che la madre sia provvista di pene. Anche davanti all’evidenza, i bambini disconoscono l’assenza del pene, credono di vedere ugualmente un pene e cercano di appianare la contraddizione fra l’osservazione e la loro convinzione che poi crescerà. A questo riguardo Freud parlerà di Verleugnung,[69] tradotto generalmente con diniego. […]. E’ così che Freud nomina questa posizione del bambino il quale rinnega quel che pure constata: sebbene non ci sia, la madre un pene ce l’ha. Lacan dà a questo termine non solo un valore di constatazione che proviene dalle osservazioni cliniche, ma dà a questo termine un valore causale: ossia, al principio della perversione c’è la Verleugnung. Esattamente come già Freud aveva teorizzato che il principio causale della nevrosi è la Verdrängung, la rimozione. E come, a partire da un’espressione verbale usata da Freud nel caso dell’ Uomo dei lupi, Lacan aveva estratto il principio causale della psicosi, la Verwerfung, ossia il rigetto del significante in quanto tale e che Lacan aveva riassunto nell’espressione forclusion du Nom-du-Père”. [70]

In Traits de perversion dans la clinique freudienne, si legge: “Parlare di tratto di perversione nella nevrosi è la conseguenza ineluttabile del ‘non c’è rapporto sessuale’, ma questo, a sua volta, ci interroga sulla perversione come struttura e ci conduce ad affermare che così come il nevrotico inventa un tratto per arrivare alla scelta d’oggetto, il perverso, altrettanto, sceglie un oggetto per farvi sorgere il godimento, senza tratto”.[71] Per esempio nella nevrosi, dove il soggetto risponde alla mancanza nell’Altro con il sintomo, si può parlare di tratto perverso quando il sintomo non è sufficiente a gestire l’angoscia del soggetto, egli allora fa ricorso alla negazione, ed è così che emerge il tratto perverso: “[…] egli allora pone l’oggetto al posto dell’Altro. Il soggetto si fa così pura pulsione […] e appare così il tratto perverso”.[72] Questo per far fronte alla défaillance del Nome del Padre, attraverso l’identificazione ad un oggetto preso nel corpo dell’Altro. Un’identificazione che si sostiene, appunto, sul tratto perverso: “Nel tratto di perversione ci sarebbe dunque un’identificazione a questo I(A) che si serve del desiderio della madre per affermare il verso e contro tutto che c’è del rapporto sessuale. Si potrebbe considerare il tratto perverso come un tentativo di andare incontro all’oggetto in coalescenza con il significante padrone (S1)”.[73]

Abbiamo affermato con Freud che il soggetto nevrotico ossessivo, da bambino, esperisce la sessualità attivamente. Da queste esperienze il soggetto trae un forte godimento con conseguente senso di colpa. Nella nevrosi isterica avviene il contrario: il soggetto isterico esperisce una mancanza di godimento che conduce il soggetto a rivendicarne sempre altro. Facciamo l’esempio che nella storia di un soggetto ossessivo si sia manifestato un tratto di perversione, peraltro abbastanza frequente, che rivela una certa prossimità con l’omosessualità, inoltre che che egli abbia un profondo attaccamento alla madre e una forte dipendenza dall’amore materno. Questo quadro pilota il soggetto nevrotico ossessivo verso il desiderio di voler essere amato. Il tratto perverso può essere giustificato da questa stretta vicinanza ad un godimento infantile, incestuoso, sul versante materno e può condurre un soggetto verso l’esperienza omosessuale, ponendolo in forte difficoltà nell’accesso alla femminilità. Questa è la caratteristica fondamentale dell’amore omosessuale nell’uomo, è un po’ ciò che risuona nell’idea della posizione passiva teorizzata da Freud. Ricordiamo però con Freud, che l’investimento particolare sull’analità infantile, nell’omosessualità, non è soggetto alla sublimazione mentre avviene il contrario nella nevrosi ossessiva.Il godimento sessuale si struttura attraverso l’interdetto ed esso è possibile solo a condizione che vi sia un interdetto simbolico, del godimento incestuoso.

Nella lezione del 26 giugno 1963 del Seminario X, L’Angoscia, si legge “[…]: l’angoscia è senza causa, ma non senza oggetto . […] Non solo non è senza oggetto ma molto probabilmente indica l’oggetto […] più profondo, l’oggetto intimo, la Cosa”.[74] Mentre in “Sovversione del soggetto e dialettica del desiderio nell’inconscio freudiano”, a proposito della castrazione, Lacan dice che: “Per chi voglia veramente affrontarsi a questo Altro, si apre la via di provarne non la domanda ma la volontà. E quindi: o realizzarsi come oggetto, farsi la mummia di quella tal iniziazione buddistica, o soddisfare alla volontà di castrazione iscritta nell’Altro, il che culmina nel supremo narcisismo della Causa perduta (è la via del tragico greco, che Claudel ritrova in un cristianesimo di disperazione). La castrazione vuol dire che bisogna che il godimento sia rifiutato perché possa essere raggiunto sulla scala rovesciata della Legge del desiderio”.[75]

[1] S. Freud, Osservazioni su un caso di nevrosi ossessiva (Caso clinico dell’Uomo dei topi), OSF, vol. 6.

[2] Ib., p. 22.

[3] Ib., p. 12-13.

[4] Ib., p. 16.

[5] Ib.

[6] Ib., p. 82.

[7] Ib., p. 24.

[8] Ib., p. 25.

[9] Ib.

[10] Ib., p. 29.

[11] Ib., p. 30-31.

[12]Ib., p. 31.

[13] Ib.

[14] Ib., p. 34.

[15] Ib.

[16] Ib., p. 37.

[17] Ib., p. 39.

[18] Ib.

[19] Ib., p. 40.

[20] Ib., p. 50.

[21] Ib., p. 118.

[22] Ib., p. 54.

[23] Ib., p. 71.

[24] S. Freud, Dalla storia di una nevrosi infantile (Caso clinico dell’Uomo dei lupi), OSF, vol. 7.

[25] Ib.

[26] Ib., p. 487.

[27] Ib.

[28] Ib., p. 550.

[29] Ib., p. 495.

[30] Ib.

[31] Ib., p. 502.

[32] Ib., p. 498.

[33] Ib.

[34] Ib., p. 503.

[35] Ib., p. 502.

[36] J.-A. Miller, Commento al caso clinico dell’Uomo dei lupi, Quodlibet Studio, Roma, 2011, p. 16.

[37] S. Freud, Dalla storia di una nevrosi infantile (Caso clinico dell’Uomo dei lupi), Op. cit., p. 506.

[38] Ib.

[39] Ib., p. 510.

[40] Ib., p. 507.

[41] Ib., p. 512.

[42] Ib., p. 522.

[43] Ib., p. 522.

[44] Ib.

[45] J.-A. Miller, Commento al caso clinico dell’Uomo dei lupi, Op. cit., p. 55.

[46] Ib., pp. 522-523.

[47] J.-A. Miller, Commento al caso clinico dell’Uomo dei lupi, Op. cit., p. 117.

[48] Ib., p. 546.

[49] Ib., p. 549.

[50] Ib., p. 541.

[51] Ib., p. 557.

[52] Ib., p. 523.

[53] Ib., p. 553.

[54] Ib.

[55] Ib., p. 539.

[56] Verwerfung: Rifiuto, rigetto.

[57] Verdrängung: Rimozione, spostamento.

[58] J.-A. Miller, Commento al caso clinico dell’Uomo dei lupi, Op. cit., p. 19.

[59] J. Lacan, “Seminario su “L’uomo dei lupi””, La Psicoanalisi n° 6, Astrolabio, Roma, 1989, p. 11.

[60] AA.VV., Traits de perversion dans les structures cliniques, Volume préparatoire à la VIème Rencontre internationale du Champ freudien, Fondation du Champ freudien, Navarin Editeur, Paris, Juillet 1990.

  1. 124. (Traduzione di Elda Perelli)

[61] Ib., p. 71.

[62] Ib., p. 73.

[63] A. Aflalo “L’uomo dei lupi”, La Psicoanalisi n° 6, Astrolabio, Roma 1989, p. 39.

[64] Ib., p. 40.

[65] AA.VV., Traits de perversion dans les structures cliniques, Op. cit., p. 79. (Traduzione di Elda Perelli)

[66] Ib., p. 77.

[67] Ib., p. 81.

[68] J. Lacan, (1957-1958), Il Seminario. Libro V. Le formazioni dell’inconscio, Torino, Einaudi, 2004.

  1. 201.

[69] Verleugnung: negazione, rifiuto, smentita.

[70] A. Di Ciaccia, “Qualche nota preliminare sulla perversione”, Psicoterapia Psicoanalitica, p. 47-58, Anno XIX, n°2, Borla, Roma, 2012.

[71] AA.VV., Traits de perversion dans les structures cliniques, Op. cit., p. 73.

[72] Ib., 225.

[73] Ib., p. 226.

[74] J. Lacan, Il Seminario. Libro X. L’Angoscia, Op. cit., p. 340.

[75] J. Lacan, “Sovversione del soggetto e dialettica del desiderio nell’inconscio freudiano”, Scritti, vol. II, Op. cit., p. 830.

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