FOBIE / DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO
Nevrosi ossessiva.
S. Freud
Nella nevrosi ossessiva, scrive Freud, i sintomi sono di due specie ed esprimono tendenze opposte: negative, difensive, punitive o si attivano soddisfacimenti sostitutivi che, a lungo andare, prendono il sopravvento sulle tendenze negative, quest’ultime assai più vecchie.
All’incrocio tra la proibizione, il comando, il divieto e la loro trasformazione in un soddisfacimento, vi opera, ciò che Freud ha chiamato “coazione alla sintesi”, funzionamento, a cui sottendono due aspetti importanti che egli sottolinea per ciò che riguarda questo tipo di nevrosi: l’ambivalenza e la regressione.
In Azioni ossessive e pratiche religiose, Freud si esprime sull’analogia, più volte celebrata, tra nevrosi ossessiva e religione. Egli parla della nevrosi ossessiva come di una sorta di religione privata e della religione, in quanto tale, come di una nevrosi ossessiva universale. Cosa intende Freud per religione privata nella nevrosi ossessiva?
Il senso di colpa del nevrotico ossessivo, scrive, equivale alla confessione religiosa, il suo presentarsi è dovuto alle costrizioni alle quali il soggetto nevrotico ossessivo si sottopone per evitare la tentazione a seguire la propria dimensione pulsionale. Il cerimoniale di alcune azioni ossessive ha il valore corrispettivo di ciò che:
“[…] la cerimonia del matrimonio religioso significa, per il fedele, il permesso per quel godimento sessuale che è altrimenti peccaminoso”.[1]
I sintomi e le azioni ossessive sono il compromesso tra queste due tendenze contrarie: la tentazione a seguire l’impulso – Freud parla di moto pulsionale rimosso – e le formazioni psichiche che fungono da protezione al suo realizzarsi.
Ne deriva che, frequentemente, emerge l’angoscia come: “[…] angoscia di attesa”.[2]
Freud accomuna frequentemente le fobie alle ossessioni. In diversi suoi scritti egli considera sia le ossessioni che le fobie transtrutturali, cioè possono presentarsi sia nei nevrotici puri che in altri soggetti. In questo piccolo saggio, si legge:
“[…] vi può essere una combinazione di fobia o ossessione pura, e rilevo che questo avviene con estrema frequenza”.[3]
Ovvero il contenuto della fobia può essere sostituito con il contenuto di un’altra fobia oppure lo stesso contenuto può essere sostituito da una “misura protettiva” fino a diventare un’ossessione vera. Freud, però fa rilevare che le ossessioni e le fobie sono delle nevrosi con dei meccanismi ed una etiologia particolari. Egli a questo proposito distingue:
- Ossessioni vere, dove uno stato emotivo: ansia, dubbio, rimorso, collera, viene associato ad una rappresentazione che s’impone al soggetto.
- Fobie, dove uno stato emotivo: angoscia, viene associata ad una rappresentazione che s’impone al soggetto.
Nelle ossessioni, quando la rappresentazione è incompatibile con il desiderio inconscio essa è sostituita dal soggetto con una più accettabile. Freud chiama questa operazione: mésalliance, ovvero: falso nesso, espressione invece, usata in precedenza nei suoi scritti.
“Questa mésalliance tra stato emotivo e rappresentazione associata è ciò che conferisce alle ossessioni quel carattere d’assurdità che è loro proprio”. [4]
Elda Perelli
[1] S. Freud, Azioni ossessive e pratiche religiose, OSF, vol. 5, Torino, Bollati Boringhieri, 1989.
[2] Ibidem.
[3] Ibidem.
[4] S. Freud, Ossessioni e fobie, OSF, vol. 2, Torino, Bollati Boringhieri, 1989.
J. Lacan
Lacan articola la teoria della nevrosi ossessiva in vari modi e in diversi seminari del suo insegnamento. Nel Seminario V, Le formazioni dell’inconscio,[1] legge che il nevrotico ossessivo da una parte, si adopera per distruggere l’Altro, dall’altra, vuole preservarlo. Tuttavia, non si tratta dello stesso Altro.
L’ossessivo compie questa operazione di negazione o di distruzione dell’Altro, principalmente perché non sopporta di doversi trovare in presenza di quella dimensione enigmatica, di mancanza, insita nella struttura del desiderio. Egli cerca di rendere questo Altro del desiderio prevedibile, riducendolo ad un sistema di domanda, in questo modo egli vi può rispondere senza interrogarsi sul suo di desiderio.
Così facendo l’Altro, si riduce all’altro delle proprie significazioni: l’Altro dell’ordine, del sapere, della pianificazione, dei conti che tornano, dell’abitudine, del tutto sotto controllo e così via. Tutto ciò che è dell’ordine della vitalità, dell’imprevisto, del cambiamento, l’ossessivo lo cancella a favore di una mortificazione del (suo stesso) desiderio.
Uno degli aspetti principali di questo tipo di nevrosi è dunque la propensione a dividersi tra due inclinazioni opposte, come già indicava Freud: la tendenza a distruggere il desiderio dell’Altro – poiché in questo campo, l’ossessivo vuole trovare un desiderio morto che non chiami in causa il proprio e, – per lo stesso motivo, al contempo, egli tende a preservare questo Altro, assoggettandosi alla sua legge, al suo interdetto, al fine di mantenerne l’esistenza.
Elda Perelli
[1] J. Lacan, Seminario. Libro V. Le formazioni dell’inconscio, 1957-1958, Einaudi, Torino, 2004.
Fobia
Freud
Per Freud, la pulsione è impossibile da sopportare per il soggetto e indica, nel moto pulsionale osteggiato dalla rimozione, la genesi del sintomo. Prendiamo ad esempio la fobia del piccolo Hans di cui parla Freud nel quarto capitolo di Inibizione, sintomo e angoscia, egli spiega che il sintomo è una forma sostitutiva di soddisfazione pulsionale.
Nel caso del piccolo Hans, ci troviamo, spiega Freud, di fronte ad un conflitto di ambivalenza che si può sbrogliare in due modi: mediante la reazione affettiva che ha come conseguenza il sintomo dell’angoscia e mediante l’esclusione, ovvero rimozione tramite formazione reattiva nell’Io. Il moto pulsionale o il pericolo pulsionale che indica l’angoscia è l’impulso ostile verso il padre così che il conflitto d’ambivalenza viene se non risolto, aggirato e spostato su un oggetto sostitutivo: il cavallo (fobia).
Questa elaborazione mostra che l’angoscia, per Freud, è funzionale al soggetto e che egli non la legge come una disfunzione, o come malattia del soggetto ma come causa del prodursi del sintomo nella nevrosi. Infatti, il sintomo, per Freud, è il sostituto di qualcosa che ha la sua origine altrove e che è il risultato di un accomodamento tra la tendenza di un desiderio inconscio a realizzarsi e la censura proveniente dall’Io. Ora Freud avanza nel testo con le sue varie interrogazioni, complessità e ipotesi. Dal punto di vista psicoanalitico e psicodiagnostico, l’importanza di questo testo risiede essenzialmente nell’elaborazione freudiana dell’angoscia. Questa ci permette con Lacan di poter interrogare la sua funzione sintomatica rispetto al reale di ogni singolo soggetto e rispetto alla sua posizione soggettiva.
Elda Perelli
Lacan